L’escalation del conflitto nell’Est della Repubblica Democratica del Congo sta mettendo a dura prova le finanze pubbliche del Paese. Lo ha affermato il Fondo monetario internazionale (Fmi), al termine di una missione a Kinshasa.
Nel corso del 2025, i ribelli del M23, sostenuti dal Ruanda secondo Nazioni Unite e governi occidentali, hanno compiuto una rapida avanzata nelle province orientali, conquistando Goma – la principale città della regione – a fine gennaio, e Bukavu poche settimane dopo. Le autorità ruandesi respingono le accuse e affermano che l’intervento militare di Kigali sia avvenuto in risposta ad attacchi da parte dell’esercito congolese e di milizie legate ai responsabili del genocidio del 1994.
Secondo l’Fmi, la chiusura degli uffici fiscali nelle aree sotto il controllo del M23, unita alle misure adottate dal governo per contenere il costo della vita – tra cui l’esenzione da dazi doganali e Iva su prodotti alimentari di base – ha provocato un calo significativo delle entrate statali. A ciò si aggiunge un aumento della spesa per la sicurezza, aggravato dalla decisione del ministero delle Finanze, lo scorso marzo, di raddoppiare gli stipendi di soldati e agenti di polizia per rafforzare il morale delle forze dell’ordine.
Nonostante le pressioni di bilancio, l’Fmi ha annunciato di aver raggiunto un accordo a livello tecnico sulla prima revisione del programma economico triennale sostenuto dalla sua linea di credito ampliata (Extended Credit Facility, Ecf). Il governo congolese – si legge nel comunicato diffuso dall’istituzione – ha riaffermato il proprio impegno verso gli obiettivi del programma, che è stato ricalibrato per tenere conto del deterioramento del contesto dovuto al conflitto. L’obiettivo, conclude l’Fmi, è garantire la sostenibilità fiscale del Paese, creando allo stesso tempo margini adeguati per far fronte alle urgenze in campo umanitario e alla crisi della sicurezza.