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Edizione del 24/09/2025

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Rivista Africa
La rivista del continente vero
Autore

claudia

claudia

    moladè
    CINEMA

    Sembène Ousmane, i suoi film e il Fespaco

    di claudia 4 Marzo 2023
    Scritto da claudia

    di Annamaria Gallone

    Conosciamo meglio la filmografia (e i capolavori) di Sembène Ousmane, uno dei maestri della narrativa e della settima arte del e nel continente africano, che quest’anno avrebbe compiuto cent’anni.

    Dopo i film degli esordi di cui vi ho già parlato, prima di riprendere la sua attività di regista, Sembène viene eletto presidente dell’associazione dei cineasti africani, la Fepaci (Fedération Panafricaine des Cinéastes) e partecipa intensamente alle attività del Fespaco (Festival Panafricain du Cinéma de Ouagadougo). La Fepaci raggruppava 250 persone tra cineasti e tecnici del cinema e della televisione. La prima fase del gruppo fu radicale nelle intenzioni: il segretario generale – il senegalese Ababacar Samb Makharam – e lo stesso Ousmane si batterono per la creazione di nuove strutture all’interno delle quali si poteva formare un nuovo pubblico, abituarlo a un nuovo sguardo. E proprio in questi giorni si svolge la 28° edizione FESPACO alla cui apertura ha partecipato il Primo ministro del Mali, Paese invitato d’onore, sconvolto come il Burkina Faso dalla violenza djihadista. E il più grande festival d’Africa si è aperto sotto il segno della resilienza e della “cultura della pace”.

    Ma torniamo ai film. Mandabi (Il vaglia): Il patriarca di mezza età Ibrahima ha due mogli, sette figli e niente soldi, fino a quando suo nipote residente a Parigi non gli invia un vaglia postale di 25.000 franchi, in gran parte da mettere da parte per il ritorno del nipote, ma solo una piccola parte per Ibrahim. È una buona azione che produce però infiniti problemi. Ibrahima non può riscuotere i soldi senza una carta d’identità ed entra in un labirinto burocratico alla Kafkiana. Il film unisce un vivace modernismo e una forma tradizionale. Nel 1970 il regista realizza l cortometraggio Taw, sul tema della disoccupazione e il lavoro nero negli ambiti giovanili. Tutto il cinema di Ousmane Sèmbene è sempre legato alla storia e alle riflessioni sull’uomo e sulla politica. Nel 1971 ritorna nella sua terra natale, la Casamance per girare Emitaï,(il dio del tuono) il suo primo film storico, lungometraggio basato su un fatto realmente avvenuto. Le forze armati della Francia allora sotto il governo di Vichy durante la Seconda guerra mondiale indicono la coscrizione obbligatoria presso un villaggio dell’etnia Jola, nella regione della Casamance, nel sud del Senegal.

    Una scena di Mandabi (Il vaglia)

    Un anno dopo il villaggio rimane abitato solo da donne e da uno sparuto gruppo di uomini anziani, Poiché tutti i maschi giovani sono stati arruolati e sono partiti per la guerra in Europa. In uno scontro a fuoco con gli indigeni, un capo-villaggio rimane ucciso. Le forze colonialiste francesi procedono inoltre ad una requisizione del riso per rifornire l’esercito belligerante. Gli abitanti del villaggio si rifiutano però di consegnare il proprio raccolto, che viene nascosto. I francesi allora prendono prigioniere tutte le donne del villaggio, facendole restare sedute sotto il sole cocente per l’intera giornata, mentre non permettono la celebrazione dei funerali tradizionali per il capo defunto. 

    Sembène è ormai conosciuto e negli anni 70’ trova, senza troppe difficoltà, i finanziamenti per girare altri due lungometraggi: Xala (La maledizione, 1974), è un adattamento dell’omonimo romanzo del 1973. Il film racconta di El Hadji, rampollo della nuova borghesia africana e membro della Camera di Commercio di Dakar, che viene maledetto dall’impotenza sessuale il giorno del suo matrimonio con la terza moglie: l’impotenza devasta completamente la vita del protagonista che viene ripudiato dalle mogli e perde il lavoro e la posizione di prestigio ad esso associata. Esasperato e confuso, Hadji decide di sottoporsi ad un rituale terapeutico di inversione: nell’ultima sequenza, il suo corpo viene ricoperto dagli sputi di lebbrosi, mendicanti ed infermi da lui sempre disprezzati.. Il film vuole denunuciare la corruzione dei governi africani post-indipendenza. L’impotenza del protagonista simboleggia l’incapacità di questi governi di staccarsi dall’influenza straniera e dall’avidità dei loro stessi politici. Al centro del pensiero ispiratore di Sembène c’è sempre la realtà urgente dell’Africa, le dinamiche grottesche e ambigue della società nel primo periodo dell’indipendenza dai paesi coloniali europei.

    Ceddo (I forestieri, 1976), è una complessa metafora sulla presa del potere di un’élite musulmana in un villaggio animista nel XVIIsecolo. Per protestare contro la conversione forzata all’Islam, i Ceddo rapiscono la figlia del re Demba War, la principessa Dior Yacine, e la tengono in ostaggio.

    Meno facili gli anni ‘80. Sembène si investe in una superproduzione (Samori) su un celebre capo mandingo che unificò tutto l’ovest africano resistendo vittoriosamente agli eserciti francese e inglese, ma non riesce a completare il film per mancanza di finanziamentiIl film non verrà mai terminato a causa di mancanza di fondi.

    Una scena di Campo di Thiaroye

    Nel 1987 realizza, insieme a Thierno Fati Sow, Campo di Thiaroye, film storico sul massacro dei fucilieri senegalesi – di ritorno dalla guerra nel ’44 – da parte dell’esercito francese. Un film epico e  tragico, che svela una realtà sconosciuta ai più. A proposito di questo film vi racconto un episodio divertente e uno per niente divertente :l’Istituto Luce, distributore del film, mi chiese una collaborazione per il doppiaggio, ma io ero totalmente contraria (come lo sono in generale), perché i soldati arruolati dai Francesi, provenivano dai più diversi Paesi africani, con lingue, dialetti, intonazioni diverse. Ma il mio parere non venne accolto ed ne uscì un doppiaggio assurdo e ridicolo: i vari soldati parlavano chi con un’ intonazione sarda, chi con accento napoletano e così via.La pellicola ottenne il premio della giuria al Festival di Venezia, ma, a causa di motivi politici, non uscì in Francia, compromettendone il successo finanziario. Il secondo aneddoto riguarda proprio  il Festival di Venezia: Sembène si recò sul palco con l’abito tradizionale africano delle feste, un boubou bianco di cotone tessuto a mano, ma un noto critico lo deplorò nel suo articolo sostenendo che doveva vergognarsi di essersi presentato così, vestito come un contadino ad un evento così importante. Il disprezzo che deriva dell’Ignoranza…

    Guelwaar (1992) , tratta il tema spinoso del rapporto tra la minoranza cristiana e i musulmani nel Senegal contemporaneo, condannando allo stesso tempo la politica assistenzialista degli stati occidentali. Il film è una denuncia raccontata sotto forma di “favola africana del ventesimo secolo”: la storia della salma contesa tra cattolici e musulmani traccia un ritratto della condizione identitaria attuale per le culture africane, per cui è arrivato il momento di fare i conti con il passato e con l’Occidente.

    Dopo 8 anni Sembène torna sul set con Faat Kiné, film dal budget ridotto, su un’intraprendente donna di mezz’età senegalese. È il primo capitolo della trilogia “l’eroismo al quotidiano”, continuata nel 2003 con Mooladé (foto di apertura), storia dell’opposizione di una donna alla tradizionale dell’escissione del clitoride. In un villaggio africano per sei bambine si avvicina il giorno dell’infibulazione. Tutti sanno che si tratta di una operazione terribile ed in certi casi anche mortale e che le ragazze che la subiscono potranno poi partorire solo col parto cesareo, ma questo è uno dei tanti retaggi della tradizione. Due delle ragazze, per sfuggire all’operazione, si annegano, le altre quattro cercano aiuto presso Collé Gallo Ardo Sy, una donna del loro stesso villaggio, che sette anni prima si era rifiutata di far circoncidere sua figlia, memore delle proprie sofferenze. Con grande sensibilità, un ritmo lento e il commento di una musica ancestrale regista affronta questo tema doloroso che è un inno alla libertà e alle donne. Il film vince la Quinzaine des réalizateurs a Cannes 2004. 

    In Italia Moolaadé è stato presentato in anteprima il 14 marzo 2005 al Festival del cinema africano, d’Asia e America Latina di Milano, il FESCAAAL. (Il 18 marzo inizierà la 32° edizione del Festival, di cui parlerò dettagliatamente nei dettagli nelle prossime puntate).

    Purtroppo Sembène non è riuscito a finire la sua trilogia, ma l’insieme delle sue opere cinematografiche e letterarie è un preziosissimo patrimonio che tutti dovrebbero conoscere.

    In copertina, una scena del film “Mooladé (2003), storia dell’opposizione di una donna alla tradizionale dell’escissione del clitoride.

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