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Di Oumar Barry – Centro studi AMIStaDeS APS
A meno di sei mesi dalle elezioni presidenziali del 2025, la Costa d’Avorio si trova in un contesto di instabilità politica e di diffusa sfiducia tra governo, opposizione e società civile. Il partito COJEP (Congrès panafricain pour la Justice et l’Égalité des Peuples) denuncia l’assenza di riforme elettorali credibili e l’esclusione di figure chiave, chiedendo trasparenza, inclusione e giustizia sociale.
Intervista al dottor Patrice Saraka, Segretario generale del partito di opposizione COJEP.
A meno di sei mesi dalle elezioni in programma a ottobre 2025, la Costa d’Avorio si prepara a vivere un appuntamento cruciale per il futuro del sistema democratico nazionale. Il Paese, reduce da anni di conflitti e instabilità, affronta oggi un clima politico segnato da tensioni, sfiducia tra i principali attori e un crescente malcontento della società civile, alimentato da questioni istituzionali ancora irrisolte.
In questo contesto, abbiamo intervistato il dottor Patrice Saraka, Segretario generale e numero due del partito di opposizione COJEP (Congresso panafricano per la giustizia e l’uguaglianza dei popoli), fondato da Charles Blé Goudé. Il dottor Saraka ci offre l’opportunità di osservare da vicino le posizioni dell’opposizione politica, le loro principali rivendicazioni di cambiamento e le rispettive proposte avanzate in vista delle presidenziali.
Come descriverebbe l’attuale situazione socio-politica in Costa d’Avorio, a pochi mesi dalle prossime elezioni presidenziali?
L’attuale situazione in Costa d’Avorio evidenzia una fragilità politica di natura strutturale, aggravata da un dialogo nazionale paralizzato e da una società civile profondamente disillusa. A pochi mesi dalle elezioni presidenziali, il Paese è immerso in un clima di instabilità politica e sociale, che rischia di minare seriamente la tenuta democratica. La sfiducia reciproca tra governo e opposizione è uno dei principali ostacoli alla costruzione del consenso minimo necessario per garantire elezioni credibili.
Le lamentele da parte della società civile e dell’opposizione riguardano principalmente la revisione delle liste elettorali, il funzionamento poco trasparente della Commissione Elettorale Indipendente (CEI) e l’esclusione politica di figure di spicco dell’opposizione, alimentando i sospetti di una possibile manipolazione del processo elettorale.
Allo stesso tempo, la situazione sociale è fortemente influenzata da un crescente senso di ingiustizia e disuguaglianza.
L’elevata disoccupazione, soprattutto tra i giovani, e la pressione dell’inflazione sui beni di prima necessità come alimenti di base, acqua, energia elettrica, carburante e affitti, stanno esasperando una popolazione già provata da anni di instabilità.
Esiste un divario strutturale tra gli indicatori macroeconomici e la realtà socio-economica vissuta dalla popolazione, e tanti giovani continuano a lasciare il Paese. Per oltre dieci anni, le autorità hanno annunciato una crescita tra il 6 e l’8%, ma questa crescita è stata trainata da settori ad alta intensità di capitale (infrastrutture, telecomunicazioni, grandi opere, agroalimentare), con scarso impatto diretto sull’occupazione giovanile o sulle aree rurali. Di conseguenza, le disuguaglianze sociali si stanno ampliando, l’insicurezza e la povertà sono in aumento e il sentimento di esclusione si è diffuso tra i giovani.
In Costa d’Avorio le libertà pubbliche sono violate. La libertà di espressione non è garantita ai cittadini, tanto meno agli oppositori. In un certo senso, il sistema giudiziario è diventato la spada del potere. Se consideriamo, da un lato, che lo Stato di diritto è il prerequisito essenziale di ogni società democratica e, dall’altro, la situazione in Costa d’Avorio, la conclusione da trarre è che la democrazia, se ancora esiste nel nostro Paese, è gravemente malata.
Oggi il rischio sembra quello di assistere a una escalation delle tensioni pre-elettorali e, considerato il recente passato del Paese segnato dai conflitti del 2002, 2010 e 2020, non si può escludere un ritorno alla violenza o una ricaduta in una spirale di instabilità.
Come partito di opposizione, quali sono le principali richieste e proposte del COJEP per un cambiamento credibile nel 2025?
Il COJEP è un membro attivo della Coalition pour l’Alternance Pacifique en Côte d’Ivoire (PAC Côte d’Ivoire), una piattaforma politica fondata lo scorso 10 marzo e composta da ventiquattro partiti di opposizione. Il nostro obiettivo comune è promuovere un cambiamento pacifico e democratico in Costa d’Avorio, attraverso un processo elettorale equo, trasparente e credibile. In quest’ottica, il COJEP sostiene pienamente le richieste avanzate dalla coalizione, che pongono riforme del sistema elettorale al centro della riflessione.

Il punto chiave è la riforma della Commissione elettorale indipendente (CEI), attualmente percepita come uno strumento imparziale. Il COJEP, insieme al CAP Côte d’Ivoire, propone lo scioglimento dell’attuale organismo e la creazione di una nuova istituzione indipendente in cui i partiti giocano un ruolo di osservatori. Questa riforma è considerata essenziale per ripristinare la fiducia e la credibilità degli scrutini e dei risultati elettorali.
Un secondo aspetto critico riguarda la verifica delle liste elettorali risultanti dalla revisione del 2024. Le irregolarità riscontrate sono gravi e numerose: età anomale degli elettori, registrazioni multiple, violazioni dell’articolo 7 del Codice elettorale, che minano il principio della rappresentanza democratica. Ne sono un esempio le situazioni paradossali di donne con centinaia di figli o con età incompatibili con la maternità. Un’altra questione cruciale è la reintegrazione di figure chiave dell’opposizione che sono state arbitrariamente escluse dal processo elettorale. Tra queste Laurent Gbagbo, Guillaume Soro, Charles Blé Goudé e Tidjane Thiam: la loro esclusione rappresenta non solo un attacco ai diritti politici individuali, ma anche un ostacolo al pluralismo e al confronto democratico.
Inoltre, il CAP Côte d’Ivoire e il COJEP chiedono che le elezioni del 2025 si svolgano nel pieno rispetto del Codice elettorale, affrontando questioni strutturali come la revisione delle liste elettorali, la ridefinizione dei limiti delle circoscrizioni elettorali (la divisione elettorale), la sicurezza del voto, il finanziamento pubblico del processo elettorale, la comunicazione istituzionale e tutte le riforme costituzionali introdotte. CAP Côte d’Ivoire chiede dunque l’apertura urgente di un dialogo politico inclusivo tra governo, opposizione e società civile per discutere di tutte queste questioni.
La riconciliazione nazionale rimane una questione importante dopo la crisi post-elettorale del 2010-2011. Ritiene che siano stati compiuti progressi concreti? E quale ruolo sta svolgendo il suo partito in questo processo?
Dopo le elezioni presidenziali del 2010, la Costa d’Avorio ha attraversato una delle crisi più gravi della sua storia, segnando un periodo di violenza politica, divisione e sfiducia tra i vari gruppi sociali. Quindici anni dopo, le cicatrici lasciate dalla crisi sono ancora evidenti e, nonostante alcuni tentativi di superare il passato, la riconciliazione tra le diverse fazioni rimane un obiettivo lontano. Le aspettative della maggioranza della popolazione ivoriana sono ancora orientate verso una vera e propria pacificazione, ma i processi messi in atto per raggiungerla non sono riusciti a soddisfare i bisogni primari.
La Commissione per la verità e la riconciliazione (CVR), istituita nel 2011, è stata un tentativo di sanare le ferite del passato, ma il suo fallimento è stato evidente. Gli abusi commessi durante la crisi non sono stati portati alla luce, lasciando ampie zone d’ombra e diffidenza tra la popolazione. Allo stesso modo, l’assenza di un sistema giudiziario equo, che avrebbe dovuto perseguire i responsabili degli abusi in modo imparziale, ha minato la credibilità del processo. I procedimenti giudiziari si sono concentrati principalmente su una delle parti in conflitto, escludendo altre responsabilità. Di fronte a questo fallimento istituzionale, il movimento di riconciliazione ha dovuto affidarsi a iniziative politiche e sociali.
Il leader del COJEP Charles Blé Goudé è uno dei principali attori di questo processo. Dal suo ritorno in Costa d’Avorio, ha intrapreso un tour nazionale con l’intento di promuovere un perdono reciproco e un dialogo tra i diversi gruppi. Questo lo ha portato a scusarsi pubblicamente con coloro con i quali aveva litigato in passato, cercando di costruire un ponte tra le diverse comunità: un impegno che deve confrontarsi con la realtà di un Paese ancora lacerato da divisioni politiche. La vera riconciliazione richiederà un impegno più profondo e sincero dei leader politici ivoriani.
Come descriverebbe oggi le relazioni della Costa d’Avorio a livello internazionale? Quale il ruolo delle organizzazioni regionali come l’ECOWAS (Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale) e l’Unione Africana nella strategia diplomatica del Paese secondo lei?
La diplomazia ivoriana rimane segnata da un equilibrio molto precario tra potenze tradizionali ed emergenti. Da un lato, abbiamo una lunga relazione con la Francia, basata sulla storia coloniale e su legami economici e militari. Oggi la presenza francese rimane forte, e lo si può vedere attraverso multinazionali (Bouygues, Orange, TotalEnergies, CFAO, ecc.) o nel settore militare, con una base francese appena spostata da Abidjan e ribattezzata – cooperazione antiterrorismo nel Sahel.
D’altra parte, con l’avvento della globalizzazione, è in corso da tempo uno sforzo di diversificazione delle nostre relazioni estere. La diplomazia ivoriana sta giocando un ruolo di equilibrio tra la Francia e Paesi come Cina, Turchia, India, ecc..
In ogni caso, in un mondo diventato multipolare, il nostro Paese, la Costa d’Avorio, deve diversificare le sue relazioni diplomatiche, economiche e militari in modo sovrano e assertivo. E oltre a questo, di fronte alle varie potenze e ai grandi blocchi, l’Africa deve reinventarsi, reinventare la sua unità con un panafricanismo costruttivo.
Le organizzazioni regionali, in particolare l’ECOWAS e l’Unione africana, devono svolgere un ruolo diplomatico e strategico importante per il benessere del popolo africano. Dovrebbero essere leve di influenza, strumenti di sicurezza collettiva e canali di integrazione economica. Ma queste istituzioni svolgono effettivamente questo ruolo? Questa è un’altra domanda alla quale dobbiamo rispondere con coscienza.

E in questo scenario, quale ruolo pensa che la Costa d’Avorio possa aspirare a svolgere sulla scena regionale?
In un contesto di ristrutturazione geopolitica dell’Africa occidentale, caratterizzato da instabilità politica, colpi di Stato militari (in Mali, Burkina Faso e Niger), dal ritiro di alcune potenze occidentali e dall’emergere di nuove influenze (Russia, Turchia e Cina), la Costa d’Avorio si trova a un punto di svolta strategico per me.
Storicamente il Paese ha affermato una propria leadership economica secondo me, presentandosi come un hub logistico e finanziario a livello regionale. È la più grande economia dell’UEMOA (Unione Economica e Monetaria Ovest Africana). Il Paese esercita anche un’influenza culturale (musica, arte, moda, sport, ecc..) in tutta la subregione.
Credo però che la Costa d’Avorio non stia sfruttando questo potenziale, o che lo stia facendo male, in parte a causa di un impegno controproducente nelle questioni di sicurezza regionali e subregionali e in parte a causa di una diplomazia politica ambigua che fa sì che alcuni leader subregionali siano trattati come putschisti, mentre altri (che sono arrivati al potere o vi sono rimasti con metodi uguali o equivalenti) sono ricevuti ad Abidjan con tutti gli onori.
Per svolgere pienamente un ruolo di primo piano nel riassetto geopolitico dell’Africa occidentale, è indispensabile che la Costa d’Avorio offra un modello credibile di governance nella regione e rafforzi la sua leadership all’interno dell’ECOWAS proponendo una revisione inclusiva di questa istituzione.
La Costa d’Avorio dovrebbe inoltre svolgere un ruolo attivo di mediazione nei Paesi in crisi e contribuire con la sua esperienza alla lotta contro il terrorismo, in particolare nei Paesi dell’AES.
Concludiamo rivolgendoci alla diaspora ivoriana. Quale messaggio vorrebbe inviare agli ivoriani della diaspora, in particolare in Italia e in Europa, che restano molto legati al loro Paese ma che a volte si sentono esclusi dal dibattito politico nazionale?
A tutti i nostri fratelli e sorelle della diaspora ivoriana in Europa, in particolare in Italia, che ogni giorno contribuiscono al bene nazionale attraverso iniziative comunitarie, trasferimenti finanziari che sostengono migliaia di famiglie e danno impulso all’economia locale, e attraverso esperienza e know-how, siete un orgoglio e una preziosa risorsa nazionale.
Nonostante il vostro impatto, sappiamo anche che a volte vi sentite politicamente emarginati, privi di riconoscimento istituzionale, o addirittura dimenticati, anche se aspirate legittimamente a partecipare al dibattito nazionale, ad avere voce in capitolo nelle scelte che riguardano il futuro della nostra nazione.
Agli ivoriani della diaspora diciamo: non siete dimenticati, né tanto meno estranei alla nazione. La vostra opinione deve essere ascoltata. Il vostro coinvolgimento è essenziale per costruire uno Stato democratico, una nazione forte. Al COJEP, la nostra ambizione è quella di lavorare con voi per costruire una Costa d’Avorio inclusiva, partecipativa e moderna, fedele al suo ideale di fraternità.
Per questo, insieme, dobbiamo ricostruire il legame politico tra il Paese e la sua diaspora, rafforzando il vostro diritto a partecipare alle elezioni e includendovi nelle consultazioni nazionali, nei consigli economici, nei Forum giovanili e nelle politiche pubbliche; promuovendo le vostre iniziative, facilitando i vostri investimenti e creando un contesto dignitoso per un vostro ritorno.
La diaspora ivoriana è una vera risorsa per il nostro Paese, una grande opportunità per la Costa d’Avorio.