Crisi in Sud Sudan, le istituzioni cercano di salvare il processo di pace

di claudia
sudan

Mentre il Sud Sudan attraversa una delle fasi più delicate dalla firma dell’accordo di pace del 2018, l’Unione africana (Ua) e l’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad) hanno concluso una missione congiunta di due giorni a Juba per tentare di salvare un processo che appare sempre più compromesso. Il presidente della Commissione dell’Ua, Mahmoud Ali Youssouf, accompagnato dal vicedirettore dell’Igad, Mohamed Abdi Ware, ha guidato la visita.

Al centro della missione vi è stato il tentativo di riattivare il dialogo tra il presidente Salva Kiir e il suo storico rivale, il vicepresidente Riek Machar, la cui detenzione – avvenuta lo scorso 26 marzo – ha fatto riesplodere le tensioni interne e ha provocato la ripresa delle ostilità in diverse aree del Paese. Secondo le organizzazioni umanitarie, l’esercito sud-sudanese ha bombardato bastioni dell’opposizione fin dai primi giorni di marzo, colpendo anche obiettivi civili. Una dozzina di altri esponenti dell’opposizione sono attualmente in carcere, in un contesto in cui il processo politico appare paralizzato.

Durante la missione, Mahmoud Ali ha incontrato il presidente Kiir e altri alti funzionari del governo, discutendo delle prospettive per una ripresa del dialogo nazionale, della necessità di attuare con trasparenza la roadmap della transizione e della protezione dello spazio politico e civico. “Le consultazioni hanno riguardato la salvaguardia dei risultati faticosamente ottenuti, il sostegno a un dialogo nazionale inclusivo e la promozione della coesione nazionale”, si legge nel comunicato congiunto diffuso da Ua e Igad.

Il presidente della Commissione ha però precisato di non essere riuscito a incontrare Riek Machar, oggi detenuto senza che siano state rese pubbliche accuse circostanziate.

Analisti e osservatori indipendenti guardano con crescente scetticismo alle intenzioni del presidente Kiir. Secondo Daniel Akech Thiong, ricercatore dell’International Crisis Group citato da Radio France Internationale (Rfi), “sembra che il capo dello Stato voglia ripetere lo scenario del 2016, sostituendo Machar con il sostegno delle istituzioni regionali”. Una strategia che – avverte Thiong – non ha funzionato in passato e rischia di innescare una nuova spirale di violenza. Dopo l’espulsione di Machar nel 2016, il Paese era piombato in una fase di guerra aperta, con migliaia di vittime e milioni di sfollati.

Durante la visita a Juba, Ali e i delegati Igad hanno incontrato anche rappresentanti del corpo diplomatico africano e della cosiddetta Troika (Stati Uniti, Regno Unito e Norvegia), per rafforzare la cooperazione e il coordinamento con i partner internazionali. Le istituzioni regionali hanno ribadito l’importanza di un sostegno unanime alla transizione sud-sudanese e alla piena attuazione dell’accordo di pace revitalizzato (R-ARCSS), di cui proprio Ua e Igad sono garanti principali.

In un momento cruciale per il Paese più giovane del mondo, la comunità internazionale teme che l’instabilità possa estendersi a livello regionale. Il Sud Sudan, indipendente dal 2011, resta attraversato da profonde fratture etniche, economiche e istituzionali. Per questo Ua e Igad hanno sottolineato che “la pace, la stabilità e la governance inclusiva sono essenziali per lo sviluppo sostenibile e l’integrazione del Sud Sudan nel contesto regionale”.

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