Rd Congo, la corruzione elettorale è un sistema radicato

di Marco Trovato
corruzione

di Céline Camoin

Un nuovo rapporto del centro di analisi Ebuteli denuncia un sistema elettorale dominato dalla corruzione sistemica nella Repubblica Democratica del Congo. Dal 2006, le elezioni si sono trasformate in strumenti per l’accesso al potere e alle risorse, tra pratiche opache, istituzioni politicizzate e povertà diffusa. Tecnologie e fondi non bastano: senza riforme strutturali e controllo civico, la democrazia resta svuotata.

 “La corruzione elettorale nella Repubblica Democratica del Congo non è un problema isolato, ma costituisce un sistema strutturato, radicato nelle pratiche, nelle istituzioni e nei rapporti di potere. Le elezioni non sono più un momento di legittimazione democratica, ma un mezzo per accedere a risorse, privilegi e impunità”: l’accusa proviene dal centro analisi Ebuteli, nel suo rapporto intitolato “Corruzione elettorale senza confini nella Repubblica Democratica del Congo: lezioni per il futuro”.

I ricercatori dell’istituto affermano che, dal 2006, le elezioni organizzate per migliorare la governance hanno sistematicamente dato origine a controversie, in particolare a causa della corruzione. Nonostante l’uso della tecnologia e il significativo aumento del bilancio elettorale (da 540 milioni di dollari nel 2006 a oltre 1 miliardo di dollari nel 2023), la corruzione e la mancanza di trasparenza tra i candidati e gli altri soggetti coinvolti nei processi elettorali continuano a distorcere i risultati delle consultazioni. Invece di rappresentare un esercizio di libera scelta dei cittadini, le elezioni nella Repubblica Democratica del Congo assomigliano sempre più a un mercato di transazioni illecite, dominato da pratiche corruttive centralizzate e decentralizzate.

Diversi fattori alimentano questo sistema. In primo luogo, il contesto politico favorisce la corruzione elettorale, poiché il potere in carica mantiene il controllo sulle istituzioni chiave, in particolare la Commissione elettorale nazionale indipendente (Ceni), la Corte costituzionale e altre giurisdizioni competenti in materia. Per le elezioni del 2023, i ritardi accumulati nell’organizzazione del voto hanno favorito l’assegnazione di appalti tramite accordi diretti, mantenendo opacità e sovrafatturazioni. Queste pratiche hanno avvantaggiato non solo i funzionari della Ceni, ma anche altre figure influenti dell’apparato statale.

corruzione in nigeria

In secondo luogo, il Paese dispone di un quadro giuridico fragile per contrastare la corruzione elettorale. Nella Rdc non esiste una legge sul finanziamento delle campagne elettorali e non è previsto un tetto massimo di spesa. Nonostante le proposte del G13 nel 2020, il divieto delle donazioni elettorali non è stato preso in considerazione.

Infine, l’insicurezza sociale alimenta ulteriormente il sistema. Mal pagati, gli operatori elettorali – sia quelli permanenti che temporanei – vedono nelle elezioni una fonte di reddito supplementare. A loro volta, molti cittadini, confrontati con la povertà, considerano il voto come un’opportunità per ricevere donazioni in cambio della propria preferenza.

Lo studio di Ebuteli (“scale”, in lingala) dimostra che la corruzione elettorale assume varie forme: uso improprio dei dispositivi di voto elettronico; mancato impiego dell’inchiostro indelebile, come previsto; voto seriale; disorientamento deliberato di elettori analfabeti, ciechi o ipovedenti; intimidazioni e violenze mirate; spostamento arbitrario dei seggi elettorali.

“La lotta alla corruzione elettorale non può basarsi solo sulle buone intenzioni. Occorrono quindi meccanismi solidi, istituzioni credibili e un impegno collettivo – istituzionale, giudiziario e civico – per fare delle elezioni un vero momento di responsabilità”, concludono gli autori del rapporto.

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