Sudafrica, genocidio dei bianchi? Una retorica già smentita

di claudia

di Valentina Giulia Milani

Durante un incontro alla Casa Bianca, Donald Trump ha accusato il Sudafrica di genocidio contro i bianchi e di espropri forzati di terre. Le sue affermazioni, prive di fondamento, riprendono teorie complottiste già smentite. Il presidente Ramaphosa ha replicato con dati ufficiali, respingendo ogni accusa. Dal Sudafrica il coro è pressoché unanime: le accuse di Trump sono infondate e pericolose.

Nell’atteso incontro di mercoledì alla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha messo sotto accusa il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa, sostenendo che in Sudafrica sarebbe in atto una persecuzione dei cittadini bianchi. Trump ha parlato di “genocidio dei bianchi” e di espropri di terreni ai danni degli agricoltori bianchi, dichiarando che “le loro terre vengono confiscate e in molti casi vengono uccisi”.  Per rafforzare le sue affermazioni, Trump ha fatto abbassare le luci nello Studio Ovale e mostrato un video con discorsi incendiari di politici sudafricani e immagini di croci bianche allineate lungo una strada, che egli sosteneva fossero “le tombe di persone bianche” uccise. Ha persino esibito ritagli di articoli dal tono sensazionalistico su aggressioni nelle fattorie, chiedendo perché “quell’uomo [ndr, il politico dell’opposizione Julius Malema] che dice ‘uccidete i boeri’ non sia stato arrestato”.

Le accuse di Trump, però, riprendono una tesi cospirazionista già ampiamente smentita: l’idea di un “genocidio dei bianchi” in Sudafrica circola da anni in ambienti dell’estrema destra, ma è stata ripetutamente confutata dai dati, dalle autorità sudafricane e dai fatti.

Già in passato Trump aveva infatti abbracciato questa narrazione. Nel 2018, durante il suo primo mandato, ordinò al Segretario di Stato di “esaminare con attenzione” i presunti “espropri di terre e le uccisioni su larga scala di agricoltori” in Sudafrica dopo un servizio di Fox News sull’argomento. La reazione di Pretoria fu immediata: la presidenza sudafricana definì l’allora tweet a riguardo di Trump “disinformato”, basato su “informazioni false” che alimentavano divisioni ricordando il passato coloniale. Anche allora tutti i principali partiti sudafricani – inclusa l’opposizione – ribadirono la necessità di riforme fondiarie ma smentirono categoricamente l’esistenza di una persecuzione anti-bianca.

A distanza di anni, Trump ha rilanciato le stesse accuse, persino di fronte al presidente Ramaphosa in visita a Washington. Ma, ancora una volta, le affermazioni di Trump su un supposto sterminio mirato di agricoltori bianchi non trovano riscontro nei dati ufficiali. Il Sudafrica è un Paese purtroppo afflitto da alta criminalità, con uno dei tassi di omicidio più elevati al mondo, ma le vittime sono in netta maggioranza cittadini neri. Nel solo 2024 si sono registrati oltre 26.000 omicidi a livello nazionale; di questi, solo 44 sono avvenuti in contesti agricoli/rurali e appena 8 le vittime risultate essere proprietari di fattorie (perlopiù bianchi), secondo le Statistiche ufficiali della polizia sudafricana (Saps). In un recente trimestre (ottobre-dicembre 2024) su quasi 10.000 omicidi totali, soltanto 12 sono avvenuti in attacchi a fattorie, e di queste 12 vittime solo 1 era un agricoltore bianco, mentre le altre erano braccianti o residenti (principalmente neri), secondo la medesima fonte.

Numeri simili si riscontrano negli anni precedenti: secondo AgriSA, una delle maggiori associazioni di agricoltori del Paese, gli omicidi nelle fattorie “sono ai minimi degli ultimi 20 anni”, scesi dai picchi di fine anni ’90 (oltre 150 omicidi l’anno) a poche dozzine nell’ultimo decennio. Non c’è alcuna evidenza di un trend di violenza sistematica rivolto specificamente contro i bianchi: “gli omicidi nelle fattorie rispecchiano la situazione generale della sicurezza in Sudafrica. Non c’è assolutamente prova che la violenza sia mirata ai contadini bianchi”, ha spiegato al The Guardian Gareth Newham, esperto dell’Institute for Security Studies di Pretoria.

Questa valutazione è stata confermata anche dalla magistratura sudafricana. In una sentenza emessa a febbraio, un giudice dell’Alta Corte di Città del Capo ha definito la tesi del “genocidio dei bianchi” “chiaramente immaginaria e non reale”, respingendola come base priva di fondamento fattuale. Il tribunale ha addirittura vietato che un lascito ereditario venisse donato a un gruppo di estrema destra proprio perché motivato da questa falsa convinzione cospirativa, hanno sottolineato i media locali.

Anche esaminando i crimini efferati contro agricoltori, le indagini non indicano moventi razziali o un complotto politico: si tratta purtroppo di criminalità, spesso legata a rapine nelle aree rurali, e le autorità sudafricane negano fermamente qualsiasi complicità o tolleranza verso questi delitti, specifica Reuters in un articolo dedicato. In sostanza, la violenza nelle campagne è parte di un problema generale di sicurezza che colpisce tutti i cittadini, dovuto alle vaste sacche di miseria ancora presenti nel Paese – “non solo nelle aree rurali e di certo non solo i bianchi”, hanno sottolineato gli stessi ministri sudafricani rispondendo a Trump, come riporta il Washington Post in un articolo pubblicato sulla versione online del giornale.

terre

Un altro pilastro delle accuse di Trump riguarda i presunti espropri violenti di terre ai danni dei bianchi. È vero che la questione agraria in Sudafrica è carica di tensioni storiche: a quasi 30 anni dalla fine dell’apartheid, la distribuzione delle terre rimane profondamente iniqua, con la minoranza bianca (circa l’8% della popolazione) che possiede ancora oltre il 70% delle terre agricole private secondo i dati ufficiali. Per affrontare questa eredità coloniale, il governo di Pretoria ha avviato un processo di riforma fondiaria. A gennaio il presidente Ramaphosa ha promulgato una legge che, in casi limitati e di pubblico interesse, consente l’esproprio di terre senza compensazione, dopo tentativi falliti di acquisto volontario.

Si tratta di misure costituzionali mirate a correggere le ingiustizie storiche. Finora, di fatto, nessuna terra è stata espropriata forzatamente. I media locali precisano infatti che l’obiettivo primario resta favorire accordi consensuali e incentivare la vendita di terre in eccesso da parte dei grandi proprietari bianchi. Certo, può essere una misura controversa che tuttavia smentisce la retorica di “fattorie espropriate con la violenza”.

Le dichiarazioni allarmistiche di Trump sembrano inoltre confondere volutamente il ruolo di attori politici non governativi. Nel video mostrato da Trump compaiono figure come Julius Malema, leader dell’EFF (partito di opposizione di estrema sinistra), che in comizi infuocati incita simbolicamente a “occupare le terre” e intona slogan anti-apartheid come “Shoot the Boer” (letteralmente “spara al contadino boero”). Tali scene sono state presentate da Trump come se rappresentassero politiche ufficiali, quando in realtà né Malema né il suo partito hanno potere di governo o di esproprio.

Ramaphosa, davanti a Trump, ha infatti spiegato pazientemente che “ciò che avete visto – quei discorsi – non è la politica del governo. In Sudafrica abbiamo una democrazia multipartitica che permette alla gente di esprimersi. La nostra politica di governo è totalmente contraria a ciò che [Malema] ha detto… E il suo è un piccolo partito minoritario”.

In altre parole – come nota Bbc – le frasi radicali di alcuni oppositori non equivalgono ad azioni del governo. Perfino la controversa canzone “Kill the Boer”, spesso citata fuori contesto, è considerata dai tribunali sudafricani un canto storico di protesta e non un incitamento letterale all’omicidio: ben tre diverse corti hanno respinto i tentativi di farla bandire come “hate speech” (discorso d’odio).

julius malema
Julius Malema, leader dell’EFF

Inoltre, alla domanda di Trump sul perché “quando prendono le terre e uccidono il contadino bianco non succede nulla”, Ramaphosa ha risposto secco: “No” ribadendo che qualsiasi crimine, in campagna come in città, viene perseguito dalla legge.

Durante il faccia a faccia, Ramaphosa è rimasto calmo e ha confutato punto per punto le accuse. Ha indicato i membri bianchi della sua delegazione (tra cui noti golfisti sudafricani) dicendo a Trump: “Se davvero fosse in corso un genocidio degli afrikaner, questi tre gentiluomini non sarebbero qui vivi accanto a me”. Ha inoltre sottolineato che il problema della violenza colpisce “principalmente persone nere” e che il governo non discrimina i cittadini in base al colore, anzi resta impegnato a realizzare l’ideale di una nazione arcobaleno di Nelson Mandela

Di fronte alle insinuazioni di Trump secondo cui Pretoria tollererebbe espropri e delitti, Ramaphosa ha difeso la coesistenza multirazziale del suo Paese, notando che “continuiamo a perseguire la riconciliazione razziale” e che la stessa presenza di un ministro dell’Agricoltura bianco nel suo governo dimostra l’impegno inclusivo del Sudafrica.

Dal Sudafrica il coro è pressoché unanime: le accuse di Trump sono infondate e pericolose. Esponenti politici di diverse tendenze hanno respinto la narrazione di Trump. Mmusi Maimane, leader dell’opposizione moderata citato dalla stampa locale, ha definito “allarmismo che non porta alcun beneficio” gli interventi di leader stranieri male informati.

Persino nel campo dei bianchi sudafricani molti smentiscono di sentirsi vittime di genocidio: come riportato da Reuters, diversi cittadini hanno elogiato Ramaphosa per la pazienza dimostrata e ribadito che “non abbiamo bisogno di spiegare agli Usa la situazione, sappiamo che in Sudafrica non c’è nessun genocidio dei bianchi”.

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