di Roukaya M’Bareck
Ogniqualvolta un matrimonio finisce – e in Mauritania, dove si registra il maggiore tasso di divorzi al mondo, accade spesso –, anziché disperarsi e cadere in depressione la donna sente il bisogno di festeggiare con amiche e parenti. Un modo di riaffermare la propria dignità e indipendenza. E celebrare la liberazione.
La casa è piena di donne ingioiellate ed eleganti. Bracieri di incenso diffondono nell’aria un profumo dolciastro. Vassoi gonfi di dolci e bicchieri di tè passano tra le mani delle ospiti. Un liuto e due piccoli tamburi scandiscono i balli. Da quell’intreccio di abiti multicolori si levano urla e trilli di gioia. Sembra la scena di un matrimonio. Se ne celebra, invece, la fine. «Oggi è un grande giorno!», urla Maïmouna, il volto incorniciato da un velo leggero, le mani decorate con l’henné, e una collana scintillante sfoggiata per l’occasione. È lei la festeggiata. Sorelle, cugine, zie, amiche… sono arrivate da ogni dove per celebrare il suo divorzio. «Quando mi sono sposata sette anni fa ero convinta che avrei vissuto una fiaba», racconta Maïmouna, «ma ben presto l’unione coniugale si è rivelata un supplizio». Un marito spesso assente e talvolta violento ha mandato in frantumi i suoi sogni e la voglia di starci assieme. «Ci siamo lasciati il mese scorso senza grosse discussioni», dice con un sospiro. «Ho voluto chiudere un legame infelice che mi ha intrappolata per troppo tempo e oggi celebro l’inizio di una nuova vita».

Tradizione secolare
Non è la sola: in Mauritania la festa del divorzio è consuetudine piuttosto diffusa. Ogni volta che un matrimonio finisce, cosa frequente in questa repubblica islamica che vanta il maggiore tasso di divorzi al mondo, la donna, anziché disperarsi e cadere in depressione, sente il bisogno di ostentare gioia e sollievo per la rottura della vita coniugale. Poco importa se la separazione è stata chiesta dall’ex marito – il ripudio è la prassi più diffusa – o sia stata ottenuta dalla moglie (concessione riconosciuta alla donna, se supportata da validi motivi, per esempio la condotta immorale del consorte, da un’apposita commissione di saggi della comunità islamica).
Al di là delle responsabilità e delle motivazioni che portano al naufragio di una relazione, è sempre la donna a celebrare la fine dell’unione: un modo di riaffermare la propria dignità e indipendenza. Nella società mauritana, infatti, una divorziata non subisce alcuno stigma, non viene incolpata per lo scioglimento del contratto nuziale, al contrario acquisisce valore e prestigio. «La donna con uno o più matrimoni alle spalle, ancorché naufragati, viene vista con favore e ammirazione dalla comunità di appartenenza, poiché porta in dote l’esperienza e la perseveranza, qualità che la rendono ambita da nuovi pretendenti», spiega il ricercatore mauritano Ahmed Ould Harud, che ha condotto studi sulle origini della festa del divorzio. «Il rito ha una storia secolare e nasce dal bisogno di affermazione sociale delle donne, che si trovano spesso costrette a subire matrimoni forzati in età molto giovane e che vogliono uscire a testa alta, non certo come vittime sacrificali, dalla rottura di un matrimonio».

Status symbol
Il divorzio non è una macchia sulla reputazione, un’ombra che offusca l’affidabilità, ma un vero e proprio status symbol che accresce il prestigio. Al contrario, l’uomo che ha vissuto un fallimento coniugale è visto con sospetto, il pensiero comune è che non sappia dimostrare pazienza e fedeltà. Si diceva del record vantato dalla Mauritania quanto alla fine dei matrimoni. Le statistiche sono impietose: circa un terzo delle nozze celebrate in un anno si conclude con un divorzio, il che porta gli uomini mauritani a sposarsi mediamente almeno cinque volte nella vita. Il dato più sorprendente: quasi la metà delle donne ha interrotto – ovvero non ha subito la volontà del marito di interrompere – almeno una volta il rapporto coniugale. E nel troncare il rapporto non hanno provato alcun imbarazzo o vergogna. Anzi, hanno manifestato fierezza e piena soddisfazione per il raggiungimento di un traguardo: la liberazione da un legame finito male.
A organizzare in pompa magna la festa del divorzio è la componente femminile della famiglia della sposa, la stessa che dovrà farsi carico di riaccogliere in casa la donna e i suoi eventuali figli. Il ritorno alla famiglia di origine è celebrato con calore. La festa è un’occasione conviviale in cui le donne manifestano il loro sostegno a colei che si è appena separata, rinnovando una sorta di patto intergenerazionale basato sulla solidarietà e sull’orgoglio femminile. Il messaggio sotteso è chiaro: noi donne non siamo disposte a subire il volere degli uomini, siamo emancipate e indipendenti.

«Indietro non si torna»
Lasciarsi alle spalle un’esperienza matrimoniale non significa aver fallito, semmai aver acquisito maggiore consapevolezza, cosa che rende una divorziata oggetto del desiderio per molti (nonché un esempio virtuoso di coraggio per le altre donne). Non a caso, durante le celebrazioni per la fine del matrimonio le amiche e le famigliari della divorziata non solo intonano canti gioiosi, per augurarle un nuovo ed entusiasmante futuro, ma recitano poesie che tessono le lodi della sua bellezza e dei suoi pregi. Non tanto per scatenare la gelosia dell’ex marito, quanto per prendersi gioco di lui, rinfacciandogli l’incapacità di tenersi stretto la sua preziosa compagna. Non solo: durante il tahrish – il rito che sancisce la conclusione di un legame – le donne fanno a gara a deridere e a dileggiare l’uomo, con il malcelato obiettivo di metterlo in ridicolo. E lo stesso avviene presso altre popolazioni dell’area sahariana, dai saharawi del Sahara Occidentale ai Toubou della dell’Ennedi e del Tibesti in Ciad.
«A ben guardare, la festa di divorzio può essere considerato uno stratagemma ideato dalle donne per proteggersi e vendicarsi dei loro ex mariti», spiega il giornalista ciadiano Hamza Ben Hassan. «La gran parte dei matrimoni vengono celebrati ancora oggi senza trascrizione sui registri governativi. Mancano i documenti ufficiali che sanciscano le unioni, ancora meno sono quelli che certificano i divorzi. Una richiesta di separazione viene in genere effettuata dall’uomo al culmine di una crisi o di un litigio. Ma può anche essere ritirata il giorno seguente. E il ripensamento può avvenire un’infinità di volte, specie se la comunicazione del divorzio viene formulata a parole dall’uomo in assenza di testimoni. Stanche di dover costantemente subire l’umore incostante del marito e le sue minacce ondivaghe, le donne hanno deciso di prendere in mano la situazione. La festa di divorzio serve appunto a rendere pubblica, pertanto irrevocabile, la conclusione di una relazione. La festa chiude ogni possibilità di ripensamento, è come la Cassazione, ultimo grado di giudizio nella giustizia italiana. Non è più possibile tornare indietro. Davanti c’è un capitolo nuovo della vita, che ogni donna è libera di scrivere».
Questo articolo è uscito sul numero di 1/2025 della rivista Africa. Clicca qui per acquistare una copia.