di Judie Kaberia – foto di Brian Otieno
Tra enormi sfide e difficoltà, la vita a Kibera, malfamata baraccopoli di Nairobi, testimonia la straordinaria tenacia dei suoi abitanti. Capaci di vincere le avversità con creatività e resilienza, scrivono ogni giorno un racconto che esalta l’indomito spirito umano.
Il testo e le immagini di questo articolo sono tratti dal calendario 2025 dell’associazione non profit Amani, che da trent’anni si dedica a garantire a bambini, bambine e giovani in Africa il diritto a un’identità, una casa sicura, cibo, istruzione, cure mediche e il calore di una famiglia. Amani gestisce case di accoglienza, centri educativi e scuole professionali in Kenya e Zambia, offrendo ogni giorno opportunità concrete a chi altrimenti vivrebbe in strada, negli slum e nelle periferie di Nairobi e Lusaka. Il calendario (disponibile nell’e-shop di Amani al prezzo di € 10,00 per la versione da parete e € 5,00 per quella da scrivania) è dedicato a Kibera, una delle più grandi e note baraccopoli dell’Africa orientale, periferia di Nairobi. Le splendide immagini sono opera del fotogiornalista Brian Otieno, cresciuto proprio a Kibera e quotidianamente impegnato a sfatare i cliché sulla sua terra d’origine attraverso il progetto KiberaStories (v. servizio di copertina di Africa 6/2020 a lui dedicato). A introdurre questo viaggio fotografico nella quotidianità di Kibera è il racconto di un a giornalista keniana pluripremiata, Judie Kaberia, esperta di media e attivista dei diritti umani, delle politiche pubbliche e della parità di genere.
Basta dire Kibera perché chi conosce la realtà della vita in uno slum senta un brivido freddo correre lungo la schiena. Per gli altri, quella realtà sarà qualcosa di vago che scaturisce da racconti che trasformano la cruda realtà in favola. Per capire cosa significhi vivere in uno slum, bisogna guardare Kibera, una delle baraccopoli più estese dell’Africa orientale. Situata nella capitale del Kenya, Nairobi, in soli 2,5 chilometri quadrati Kibera ospita circa un milione di persone, che per lo più sopravvivono con meno di un dollaro al giorno, affrontando alti livelli di disoccupazione e criminalità dilagante. Per molti dei residenti, dati gli scarsi guadagni, Kibera rappresenta un rifugio sicuro. Le sue viuzze si snodano tra baracche costruite con ogni tipo di materiale: plastica, lamiera arrugginita, legno e fango. Minuscole catapecchie così fitte che i sussurri dei vicini filtrano attraverso le pareti. Sopra le loro teste si snoda una precaria ragnatela di cavi elettrici: una costante minaccia di rimanere folgorati. La mancanza di fognature adeguate fa sì che anche i servizi igienici siano un lusso e che i liquami scorrano tra le case, diffondendo malattie e un fetore intenso. La criminalità è una costante e la brutalità della polizia la conseguenza. Spesso i residenti cadono vittime di arresti illegali, estorsioni o, tragicamente, anche di esecuzioni. Durante le stagioni politiche o le proteste, Kibera diventa l’epicentro dei disordini, dove i giovani disoccupati sfogano la propria frustrazione affrontando la dura repressione della polizia.

Dove fiorisce la speranza
Eppure, nonostante una realtà così difficile, lo spirito umano fiorisce. La vita continua con vigore e tenacia. Le storie dei residenti riflettono una grande resilienza e ci dicono che c’è speranza anche negli ambienti più inospitali. Una speranza simile a una rosa stupenda che sboccia da un cespuglio di spine, così come la gente di Kibera trova forza dentro di sé, sfruttando qualsiasi opportunità convinta che ogni giorno possa portare a un futuro migliore. Circa 30 anni fa, questa speranza ha richiamato l’attenzione di Amani — che significa “pace” — e di Koinonia Community, che hanno attivato un progetto alimentato dalla capacità di affrontare e superare le difficoltà di una comunità desiderosa di creare una vita migliore per le generazioni future. Grazie ad Amani e a Koinonia, bambini che vivevano in strada hanno potuto andare a scuola e affrancarsi da povertà e crimine.

Guidati da padre Kizito Sesana, migliaia di loro sono stati allontanati dalla strada, trovando una casa e un centro dove l’istruzione è un diritto. Vengono sostenuti bambini che affrontano sfide quali violenza di genere, tossicodipendenza, matrimoni precoci, sfruttamento sul lavoro e traffico di esseri umani. A Kibera fiorisce anche la creatività. La comunità ha capito che il successo non andrebbe misurato con i soliti esami scolastici e ha cercato di identificare e coltivare il talento, consentendo ai bambini e ai giovani di partecipare a eventi sportivi e culturali. Nonostante i preconcetti che circondano la vita in uno slum, i giovani di Kibera sono coinvolti in attività creative e spesso eccellono negli sport fino a entrare in squadre nazionali che offrono loro l’opportunità di un futuro migliore. Lo sport e il gioco sono parte della vita. Dopo scuola o nei fine settimana, bambini e giovani si ritrovano per giocare.

Celebrazione della vita
La loro idea di divertimento non coincide certo con quella di chi vive fuori dallo slum. Quello che per molti è un fiume melmoso, per loro è un allegro parco giochi. Con o senza costume, si tuffano creando ricordi preziosi che rimarranno per tutta la vita. Anche la moda trova un suo posto nel cuore dello slum. Tra le baracche, un ragazzo e una ragazza posano orgogliosi mostrando stili locali, bellezza incontaminata e creatività. Questa vibrante celebrazione della vita dimostra che i residenti non sono semplici spettatori, ma partecipano attivamente alla definizione delle tendenze globali, esprimendo la propria unicità. Un ring di pugilato, coperto da un tappeto cremisi, si erge a simbolo di resistenza. Eventi come questo dimostrano la collaborazione tra società, ong e agenzie governative per coltivare i talenti locali e offrire occasioni di divertimento a tutta la comunità. Negli angoli di Kibera, i bambini trasformano ciò che li circonda in fonte di gioia. In assenza di veri campi da gioco, si arrampicano e inventano giochi che scatenano tante risate.

Lo spirito della comunità cresce con giovani che si impegnano a ripulire la baraccopoli: uno sforzo collettivo che promuove il senso di appartenenza e li rende orgogliosi di migliorare l’ambiente in cui vivono. In questo arazzo di resilienza, brillano le donne di Kibera. Le madri, esempio di amore incondizionato e forza, affrontano sfide immense come la violenza di genere e la povertà estrema. Organizzazioni come Amani forniscono un sostegno vitale, offrendo l’opportunità di sviluppare nuove competenze e mezzi di sostentamento sostenibili. I murales colorati che adornano le strade di Kibera raccontano storie di grande intensità: comunicano le lotte quotidiane, le paure e le speranze che consentono di immaginare un futuro migliore. Ogni pennellata cattura le lezioni apprese e alcuni degli artisti sviluppano carriere degne di nota. Questa speranza radicata nella comunità è la luce in fondo al tunnel. Pur presentando sfide formidabili, la vita a Kibera è anche testimonianza della tenacia dei suoi residenti, che abbracciano il proprio destino con orgoglio e affrontano le avversità con creatività e resilienza, scrivendo un racconto che esalta l’indomito spirito umano. Per la gente di Kibera domani sarà sicuramente un giorno migliore.