La storia di Giorgio Marincola, noto come il “partigiano nero”, di origini italo-somale, è un vivido esempio di come le barriere culturali e razziali possano essere superate dalla forza di un ideale comune: la libertà. In un’Italia dilaniata dalla guerra, sfidando i pregiudizi, Marincola si distinse per il suo impegno incrollabile nella lotta contro il fascismo e l’occupazione nazista
Oggi, in occasione dell’ottantesimo anniversario della Liberazione, desideriamo rendere omaggio alla memoria di Giorgio Marincola, conosciuto anche come “il partigiano nero”: una figura di straordinaria rilevanza della Resistenza italiana, il cui coraggio e spirito combattivo hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della lotta contro il nazifascismo. Di origini miste – italo-somale – Marincola incarna un simbolo di diversità e inclusività che ha caratterizzato il movimento partigiano, sfidando pregiudizi e discriminazioni in un’epoca in cui la battaglia per la libertà era fondamentale e urgente. La sua storia, raccontata nel libro “Razza Partigiana” (firmato da Carlo Costa e Lorenzo Teodonio, pubblicato nel 2008 da Milieu Edizioni) – mette in evidenza come, fin dalla giovane età, Marincola abbia scelto di abbracciare la causa antifascista. In un’Italia travolta dal razzismo alimentato dal regime fascista, il suo impegno non fu solo militare, ma anche simbolico: la sua presenza nelle fila della Resistenza divenne una testimonianza vivente del fatto che la lotta per la liberazione apparteneva a tutti, senza distinzione di origine.

Nato il 23 settembre 1923 in Somalia italiana, figlio di un maresciallo calabrese e di una donna somala, Marincola si trasferì con i genitori in Italia durante il ventennio fascista. Sin da giovane, abbracciò la causa della Resistenza, mettendo da parte le differenze per unirsi a compagni e compagne in una lotta collettiva per la giustizia e la democrazia. Dopo l’armistizio, partecipò alla lotta di Liberazione, distinguendosi nelle formazioni clandestine romane per la sua capacità e determinazione (il suo coraggio e sacrificio gli valsero, alla memoria, la Medaglia d’Oro al Valor Militare). Dopo la liberazione di Roma, desideroso di continuare la sua battaglia, aderì a una missione militare e nell’agosto 1944 venne paracadutato nel Biellese. La sua presenza all’interno dei gruppi partigiani rappresentava per molti una fonte di ispirazione, incarnando la speranza in un futuro migliore, capace di accogliere e valorizzare ogni individuo, indipendentemente dalle proprie origini. In Piemonte, il “partigiano nero” fu attivamente coinvolto in diverse operazioni contro il regime fascista e le forze di occupazione. Le azioni di Marincola non furono solo atti di guerriglia, ma veri e propri gesti di umanità che, nel mezzo di una guerra spietata, dimostrarono come la diversità potesse diventare un valore aggiunto nella lotta per la libertà.

Il 17 gennaio 1945 Marincola venne imprigionato da un reparto delle SS nel carcere di Biella, da dove fu poi trasferito a Villa Schneider, sede del comando della polizia militare tedesca. Qui lo costrinsero a parlare durante una trasmissione di Radio Baita. Come accaduto ad altri partigiani catturati, Giorgio avrebbe dovuto denigrare la Resistenza, ma scelse di esaltarne i valori, scagliandosi contro il regime fascista. La trasmissione fu interrotta “con un atroce rumore di percosse”.
In seguito a questo episodio, i nazisti lo trasferirono al carcere “Le Nuove” di Torino, e poco dopo, tra la fine di febbraio e l’inizio di marzo, nel campo di transito di Bolzano. Al termine della detenzione, il 30 aprile 1945, Marincola rifiutò di lasciare l’Italia con un mezzo della Croce Rossa e preferì raggiungere la Val di Fiemme, dove partigiani e civili vivevano nel timore di rappresaglie naziste. Il 4 maggio 1945, fu ucciso dai nazisti a un posto di blocco nei pressi di Stramentizzo, luogo dell’ultima strage nazista in Italia.
La tragica fine della sua breve vita non ha mai offuscato il significato profondo del suo impegno. Al contrario, il sacrificio di Giorgio Marincola è stato celebrato come un esempio luminoso di dedizione e coraggio, capace di superare le barriere del tempo e di ispirare generazioni successive. Oggi, a 80 anni dalla Liberazione, ricordare il “partigiano nero” significa riaffermare il valore della Resistenza e il potere di una lotta collettiva che ha cambiato il corso della storia, lasciandoci un’eredità di speranza e impegno civile da custodire e trasmettere alle future generazioni, insieme all’ideale che lo ha guidato: quello di un’Italia libera e inclusiva, dove ogni differenza contribuisce a costruire una società più giusta e solidale.